Ruderi: quando la ricostruzione è ristrutturazione?
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Ruderi: quando la ricostruzione è ristrutturazione?


Per il Tar è possibile qualificare come ristrutturazione la ricostruzione di un rudere ridotto a pochi resti ma occorre provarne l’originaria consistenza.


Fonte: BibLus-net


E’ chiaro che la ricostruzione di un rudere può rientrare nella categoria della ristrutturazione, ma la stessa regola vale anche quando ci si trovi di fronte a pochi detriti della originaria costruzione?

Il Tar Emilia Romagna con la sentenza n. 138/2021 ci spiega le condizioni perché ciò possa avvenire.

Il caso

La proprietaria di una stalla/fienile, già ristrutturata come fabbricato residenziale, intendeva recuperare un vecchio porticato parzialmente demolito per effetto di un incendio e del quale sopravvivevano solo alcune strutture.

Per tale fine, la proprietaria presentava presso il Comune una richiesta di valutazione preventiva per il ripristino del portico ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. d) “interventi di ristrutturazione edilizia” del dpr 380/2021 in base alla possibilità di documentare sia l’esistenza che l’originaria consistenza del porticato.

La richiesta veniva rigettata dal Comune che ravvisava un contrasto con il RUE (Regolamento Urbano ed edilizio) il quale ammetteva la ricostruzione dei ruderi purché venisse dimostrata la preesistente consistenza nella misura di “almeno il 50% delle strutture perimetrali esterne e un elemento della copertura che permetta di individuare l’altezza dell’edificio”.

A breve distanza veniva anche rigettata la SCIA presentata dalla proprietaria, poiché non costituiva titolo idoneo alla realizzazione dell’intervento (ritenuto catalogabile come nuova costruzione).

A questo punto, la privata procedeva con un ricorso al Tar lamentando, tra l’altro, la violazione del dl 69/2013 convertito in legge 98/2013 che ha innovato la disciplina della “ristrutturazione edilizia”, comprendendo gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, mediante ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

La proprietaria a riscontro della preesistenza del manufatto:

  • portava le testimonianze di coloro che abitavano il luogo prima dell’incendio;

  • esibiva documentazione fotografica/catastale;

  • evidenziava le tracce rimaste in situ delle colonne portanti che ne delimitano l’area di sedime la cui altezza corrisponde a quella della stalla-fienile.

La sentenza del Tar Emilia Romagna

I giudici del Tar, in accoglimento delle motivazioni della proprietaria ricorrente, chiariscono che mentre in precedenza la riedificazione di un rudere era qualificata come nuova costruzione, la legge del 2013 ha allargato il concetto di ristrutturazione all’ipotesi di edificio che non esiste più, ma di cui si rinvengono resti sul territorio e di cui si può ricostruire la consistenza originaria con un’indagine storica/tecnica.

L’accertamento della consistenza iniziale del manufatto demolito o crollato deve infatti fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali, ad esempio:

  • documentazione fotografica,

  • aerofotogrammetrie,

  • mappe catastali,

che consentano di delineare, con un sufficiente grado di sicurezza, gli elementi essenziali dell’edificio diroccato.

I togati spiegano che l’art. 3 del dpr 380/2001 deve essere letto nel senso che:

il “ripristino” di edifici, per integrare ristrutturazione, richieda l’esistenza almeno di un rudere o comunque di resti attestanti la passata presenza dell’edificio e comportanti un impegno di suolo ancora in essere, a prescindere dalla loro incapacità di rivelare la consistenza originaria dell’immobile, cui sia necessario pervenire attraverso un’indagine storico-tecnica

Nel caso in esame, osservano i giudici, quest’ultimo presupposto è soddisfatto dall’avvenuta ristrutturazione (già compiuta) del fabbricato destinato in passato a stalla-fienile.

In applicazione dei criteri suindicati, ritiene il Collegio che la ricorrente abbia prodotto molteplici elementi che (oltre a costituire una chiara testimonianza del fabbricato sul territorio) permettono di individuarne in maniera attendibile l’effettiva originaria consistenza del portico.

Il ricorso è, quindi, accolto.



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